20 febbraio 2012

DATING AGENCY

di Elisa Alfonsi

foto di Laura Montorio

London, underground.
E’ domenica mattina e sulla banchina di London Paddington siamo già in parecchi ad aspettare il prossimo vagone. Manca solo un minuto e mezzo. Guardo distrattamente la pubblicità affissa sul muro di fronte a me: un cartellone mi attira in modo particolare. Due giovani abbracciati di fronte al London Eye con sotto la didascalia“Sei un professionista, sappiamo che hai sempre mille cose da fare. Almeno, al tuo prossimo appuntamento, lascia che ci pensiamo noi”. E’ una dating-agency, le  “agenzie matrimoniali” di una volta, ma ora con un orizzonte più ridotto.


Il prossimo treno è arrivato. Salgo sul vagone: è già pieno nonostante non sia giorno lavorativo. Mi attacco al supporto di acciaio e ondeggio al ritmo della metro. Guardo in alto, manca una fermata alla stazione di cambio. Un volantino pubblicitario appeso al soffitto mostra due ragazzi brindare in un romantico tête-à- tête e afferma “Questa volta non sarà un fallimento. Dicci tutto di te, troveremo la persona che fa per te”. Strana coincidenza, il secondo annuncio di dating  nel giro di poche fermate. Cambio linea, ora sono sulla rossa. Questa volta mi siedo e non posso non notare, immediatamente e sopra il sedile di fronte al mio una enorme freccia e la scritta adiacente “Qui sotto potrebbe esserci il partner che stai cercando da sempre” e poi in piccolo “Se non è così, chiamaci.” Non riesco a trattenere un sorriso vedendo che il passeggero sotto alla freccia è un omone grande e grosso intento a sgranocchiare noccioline. Ma non per questo chiamerò il numero di telefono indicato…

Mi guardo intorno e mi chiedo se davvero la gente che abita la metropoli più popolosa d'Europa, dove i vagoni della metro sono stipati anche la domenica mattina, dove non rivedi mai le stesse facce due volte, abbia davvero bisogno di agenzie che organizzano appuntamenti. Possibile che tra 7.6 milioni di abitanti la gente si senta così incredibilmente sola? Possibile che i professionisti che vivono la City non abbiano più il tempo nemmeno per fare nuovi incontri? Possibile che i Londoners, abituati a un contesto tanto duro, temano davvero fallimenti sentimentali?

Mi guardo intorno: un paio di famiglie con bambini, un po’ di giovani e meno giovani con enormi cuffie sulle orecchie, leggono riviste e libri tascabili. Sale ad Oxford Circus un gruppo di ragazze che ha passato la notte fra locali: ridono e scherzano, nei loro abitini leggeri, non credo che almeno loro abbiano bisogno di alcuna dating-agency.
Ma forse il vero problema subentra dopo il primo appuntamento, nel momento in cui quello che era sembrato “that One” in realtà si rivela solo “one”. Ed allora, forse stanchi di tanti incontri sbagliati, i Londinesi si rifugiano nell’aiuto di chi, può trovare la loro metà perfetta, o qualcosa che ci somiglia. O quantomeno, che li risparmi da troppe delusioni. Ma che amore è un amore che non ha il coraggio di rischiare, che ha bisogno del suggeritore persino per scegliere chi amare? C’è qualcuno che davvero ci può aiutare in questo? C’è qualcuno che può scegliere per noi, che può escludere a priori chi non fa al caso nostro o individuare chi potenzialmente potrebbe renderci felici?

Cammino per la galleria di Holborn, guardando gli scacchi per terra: penso al gioco del destino che tesse i fili dell’innamoramento, all’illusione e alla disillusione, ai tentativi falliti e alle speranze accumulate, e mi chiedo se davvero avrei voluto che qualcuno mi avesse sottratto a questa dolce e difficile fatica. No, non avrei voluto.  Nemmeno se mi avesse risparmiato alcuni cocenti insuccessi.

Molto di quello che siamo, lo dobbiamo alle nostre scelte, ma forse ancora di più, ai nostri fallimenti, che costano lacrime, è vero, ma anche ci fanno crescere e ci preparano alla vita, a tutta la vita che abbiamo ancora davanti. E mi piace pensare che nessuna dating-agency possa sostituirsi a noi in questo.
Cammino tra Trafalgar Square e Piccadilly nell’aria fredda di questa domenica mattina. La folla è distratta e assonnata. Ma Eros, dall’alto della fontana, sembra essere d’accordo con me.

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