di Francesca Bellemo
27 luglio 2011 - NEW YORK. Pride and prejudice
Premessa: per me hanno sempre avuto ragione gli indiani.
E già partiamo male. Perché andare in America tifando per gli indiani ti
indispone di default nei confronti di tutto ciò che c'è di costruito
sul continente.
Al posto di sbarcare in un festoso clima disneyano con la bandierina e
l'hot dog in mano, finisce che osservi ogni cosa con disincanto e un
pelo di cinismo.
"Fantastico, sono la persona giusta nel posto giusto. Non mi fregate con
la menata del sogno americano" mi dico mentre come uno zombie dopo 9
ore di volo attendo in coda al JFK di essere schedata con tanto di
impronte digitali di tutte e 10 le dita.
"Sono in vacanza. Sono qui per divertirmi e il mio divertimento massimo é
il reportage". Ma siccome sono anche in viaggio di nozze se il mio
fresco maritino mi sgamma a lavorare anche stavolta potrebbe essere un
problema...
Già l'anno scorso abbiamo trascorso le ferie in Bielorussia per il progetto Help for Children, stavolta non posso, dai.
Niente interviste e niente block notes, solo impatti, impressioni e chilometri. Tanti chilometri.
NEW YORK:
EAST RIVER SUITES APARTMENTS
81-82 Str.&East End Avenue - Upper East Side
http://www.usabound.com/apartments/nyc/ers/index.html
27 luglio 2011 -NEW YORK. Due italieni nella metro di New York
Io
volevo andare a piedi : siamo a New York per la prima volta, c'è il
sole, la temperatura é piacevole, l'aria fresca... Ma alla fine ha vinto
lui e il primo giorno abbiamo preso l'autobus per raggiungere
l'estremità inferiore di Manhattan da Upper East Side dove si trova
l'appartamento in cui alloggiamo.
"Se non camminiamo almeno vediamo la città dai finestrini". Dico io. Il genio.
"Sulla cartina sono una manciata di centimetri, che sarà mai".
Devo
ancora abituarmi al diverso concetto di distanza: un'ora e mezza di
traffico, bloccati, fermi dentro il bus con l'aria condizionata a palla.
Dai finestrini si vedono solo macchine e taxi, palazzoni interminabili,
marciapiedi affollati e semafori. A piedi non saremmo mai arrivati.
"Al ritorno meglio prendere la metro" concordiamo.
Anche perché merita. Non solo è più veloce, ma é un'esperienza.
Le comiche.
Cerca
sulla cartina il punto esatto della stazione. Ecco il simbolo della
metro. Scendi le scale, passa il tornello con il biglietto e intuisci la
direzione del cunicolo da seguire. Una botta di caldo afoso. Togli il
foulard dal collo, comincia ad appiccicarsi la maglietta alla pelle.
Sferragliare di treni. Umanità variegata che passa.
Scendi
altre scale, percorri altri cunicoli - pensi che è meglio non pensare
al terrorismo e agli incidenti - scendi ancora e ringrazi il cielo per
avere solo uno zaino leggero sulle spalle e non una valigia. Sempre più
afa.
Arrivi a
un binario ma lì ti accorgi che il tuo treno sta passando sul binario
opposto. Ritorna su, su, cunicoli, scale, scale mobili. Tornelli. Eh no!
Stiamo tornando fuori! Usciamo e rientriamo. Col cavolo, ormai il
biglietto non vale più!
Vai
alla biglietteria e sfodera il tuo inglese scolastico arricchito dalla
visione di tutte le puntate di Lost in lingua originale. La signora alla
biglietteria non capisce una mazza.
Provi con i gesti, - Marco falle un sorriso tu, fai qualcosa!
Gli
dice "we came from Venice, we are in honey moon". E allora si
impietosisce e ci lascia rientrare senza sprecare un altro biglietto.
Non la vediamo, ma probabilmente mentre passiamo sta scuotendo la testa e
pensando "italieni".
É
già passato un quarto d'ora. Ripercorri i cunicoli, scale, scale e
infine - sudati fradici- siamo al binario giusto.Arriva il nostro treno,
apre le porte e vomita fuori un po' di gente. Entriamo noi vittoriosi.
Un gelo allucinante. Mettiti subito la felpa sennò ti prendi una malora e
ti rovini il viaggio!!! La felpa è nello zaino. Attaccati al palo della
metro, togli lo zaino dalle spalle, svuota mezza roba - perché la felpa
ovviamente è sotto di tutto- nel frattempo tieni la cartina delle
fermate della metro tra le ginocchia. Veloce che fa un freddo cane!
Nel vagone regna un silenzio di tomba. Gli unici che fanno casino siamo noi. Italieni.
Gli unici sudati siamo noi. Gli unici che hanno freddo siamo noi. Gli unici imbaccuccati con la felpa e la sciarpa siamo noi.
Ci guardano con la coda dell'occhio, mentre sono tutti intenti a giggionare sull'iphone, con le cuffiette sulle orecchie.
Un po' come noi a Venezia guardiamo i giapponesi che si fanno le foto a Piazzale Roma. Sufficienza e compassione.
Loro però sono felici. E in effetti, tutto sommato, lo siamo anche noi.
tratto dal blog caffè amaro: http://caffe-amaro.blogspot.it/p/usa-moleskine_05.html
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